L'etichetta - Daniel Leclerc

L'etichetta è l'insieme delle forme cerimoniali che sottolineano i rapporti tra i particolari e che costituiscono le regole di comportamento e di convenienza da osservarsi in un dato contesto come ad esempio la corte di un monarca, un luogo di culto, una qualunque celebrazione profana o religiosa, sociale o privata. Questo per quanto riguarda la sua definizione formale ed accademica.

È importante precisare che l'etichetta va considerata in rapporto alla storia e alla struttura del gruppo o della società che l'ha istituita, ma che implica necessariamente un'esperienza esistenziale. In più, come ciascuno avrà potuto constatare, molte realtà possono coesistere in una stessa cultura.

Nella civiltà giapponese, esistono molte parole concernenti l'etichetta : REISHIKI, REIHO, REIGI, REIGI SAHO.

Tutte queste parole sono composte dall'ideogramma REI che significa letteralmente "saluto".

SHIKI significa "cerimonia". REISHIKI si potrebbe dunque tradurre con "cerimoniale".

HO significa "legge". REIHO sarebbe dunque "l'etichetta" propriamente detta poiché si tratta delle leggi che regolano il "saluto".

REIGI è il termine usato da N. Tamura nel suo libro "AIKIDO - étiquette et transmission":

" REI si traduce semplicemente "il saluto".

Ma REI riunisce le nozioni di educazione, cortesia, gerarchia, rispetto e gratitudine.

REIGI (l'etichetta) è l'espressione del mutuo rispetto all'interno della società. E lo si può anche considerare come un mezzo per comprendere la propria collocazione nei confronti degli altri. Si può dire dunque che è il modo per prendere coscienza della propria posizione.

Il carattere REI è composto dei due elementi: SHIMESU e YUTAKA.

* Shimesu: Lo spirito divino disceso sull'altare.
* Yutaka: La montagna e il vaso sacrificale di legno che contiene il nutrimento: due chicchi di riso, il recipiente colmo di cibo, l'abbondanza.

Questi due elementi danno l'idea di un altare abbondantemente provvisto di offerte di cibo davanti al quale si aspetta la discesa del divino... la celebrazione.

GI: L'uomo e l'ordine. Indica ciò che è ordine e costituisce un modello.

REIGI è dunque all'origine di ciò che governa la celebrazione del sacro. È probabile che questo senso si sia esteso in seguito alle relazioni umane quando si è dovuto instaurare il cerimoniale che governa i rapporti gerarchici tra gli uomini. "

REIGI SAHO potrebbe essere tradotto con "le regole dell'etichetta", che corrisponde al significato fornito dai dizionari occidentali.

In modo più pragmatico, si può dire che l'etichetta costituisce un codice il cui significato può essere compreso solo dagli iniziati, cioè da coloro che hanno acquisito i primi elementi nella conoscenza e/o lo studio di una scienza, di un'arte o di una data pratica. Questo codice è il segno distintivo di un gruppo o di una relazione particolare. L'etichetta conduce il novizio allo stesso tempo nella comunità dei praticanti (shugyo-sha) e nel mondo dei valori spirituali. Gli spiega il comportamento e la storia del suo gruppo, ma anche i suoi miti e le tradizioni.

L'etichetta racconta la storia di tutti gli avvenimenti che hanno contribuito a rendere così com'è l'arte che oggi pratichiamo, "perché" le cose sono quello che sono e "come" sono arrivate fino a noi. È quindi importante conservarla accuratamente e trasmetterla intatta alle nuove generazioni di praticanti.

L'etichetta è costituita da un insieme di gesti non "utili". Non che non servano a niente, ma diciamo che potrebbero essere tralasciati. Questi non sono materialmente redditizi e possono essere considerati, da qualcuno, solo una perdita di tempo. Il loro scopo non è l'efficacia immediata e dunque non sono spontanei come quelli che agiamo quotidianamente senza neppure pensarci. Richiedono da chi li esegue una vigilanza costante e, in questo senso, contribuiscono a sviluppare lo ZANSHIN del praticante (letteralmente tradotto: lo spirito rimanente o la presenza - qui ed ora - di spirito).

La sua ragione d'essere non risiede dunque nella sua utilità, né nella redditività, ma nella gratuità di quello che induce. Il gesto mette in gioco tutto il corpo, o anche una sua sola parte, per permettere al praticante di riunire il suo spirito a tutto ciò che sfugge ai suoi sensi.

Perché una cosa sia ben fatta, bisogna farla come fu fatta la prima volta, impregnarsi dello stato d'animo che prevalse al momento della sua nascita e partecipare così alla sua perpetuazione. La ripetizione simbolica del gesto implica dunque una riproduzione di quello originale e dell'energia che lo creò, con la sua purezza, la sua efficienza e la sua virtualità intatte. In quanto simbolo, è carico di significati e deve divenire "segno" per quelli che lo fanno come per coloro che lo vedono fare. Deve essere semplice, bello, sereno (senza tensione o precipitazione), giusto ed armonioso.

La sua ripetizione rigorosa crea lo stato d'animo che permette di costruire la tabula rasa sulla quale il praticante iscriverà le rivelazioni successivamente acquisite, quelle che potranno aprirgli le porte dello spirito. (In Iai, per esempio, il gesto eseguito dalla mano sinistra sul sageo per metterlo sotto la spada, dopo essersi seduti in seiza; o in Aikido, al momento del saluto agli avversari prima di taninzu kakari geiko .)

L'etichetta non vive unicamente in una realtà "immediata". Il suo simbolismo potrebbe esprimersi in questo modo: non si diventa un vero praticante se non quando si smette di essere un uomo biologico, meccanico. Dimostra che il vero praticante - lo "spirituale" - non è il risultato di un processo naturale: si costruisce. La "funzione" dell'etichetta potrebbe dunque essere di rivelare simbolicamente, a chi pratica, il senso profondo dell'esistenza e di aiutarlo ad assumersi la responsabilità di essere un "Uomo Totale" e, in conseguenza, di partecipare all'evoluzione spirituale della sua specie.

Studiando e rispettando l'etichetta, non si perderà di vista che lo scopo della ricerca è, in fondo, la conoscenza dell'uomo, di sé. Così, l'etichetta costituisce un processo, un'esperienza essenziale nella progressione del praticante se vuole arrivare a penetrare il messaggio ultimo del budo; cioè essere capace di accettare pienamente il proprio modo di essere.

da un articolo di Daniel Leclerc - www.idam.too.it
Design Downloaded from free Joomla templates | free website templates | Free Wallpapers HD