Due Parole sui manga

Categoria: Il Giappone di oggi
Pubblicato Venerdì, 07 Dicembre 2012 13:04
Scritto da Gabriele
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Nel periodo Edo, precisamente verso il 1600 ca., si iniziarono a disegnare sulle pareti dei templi delle "vignette" che rappresentavano scene con soggetti religiosi. Queste "vignette", se possiamo definirle così, furono successivamente rese pubbliche al popolo, grazie a  riproduzioni su tavolette di legno, facilmente trasportabili in città e villaggi vicini. In quest'epoca a fianco del termine “manga” cominciò a essere usato il termine “edo”, mentre per “manga” si cominciò a intendere lo stile del disegno più che il disegno stesso.

Gli “edo” riproducevano più che altro soggetti meno religiosi di quelli dei templi. Spesso si trattava di grafiche erotiche, ma anche piante di costruzioni e strisce satiriche. Le figure erano composte in monocromia, con profili raramente colorati in maniera rudimentale.

Nel 1702 un celebre artista di manga Shumboko Ono, volle raccogliere i suoi disegni in un libro, che è rimasto fino ai nostri giorni come la raccolta di manga più antica del giappone. Nel giro di un secolo, la tradizione del “Tobae”, come furono chiamate queste raccolte, si estese a tutta la società giapponese.

La parola Manga ( man = casuale, ga = disegno) alla lettera significa "immagini casuali" o "immagini senza nesso logico". In Giappone manga indica il fumetto in generale, mentre la regola è specificare l'origine dei fumetti, se stranieri o importati: quelli provenienti dall'Italia verrebbero ad esempio chiamati "Itaria no manga" , letteralmente "manga italiani". In Italia è ormai comune associare la parola manga ai fumetti di sola provenienza nipponica.

Nel paese del Sol Levante i fumetti hanno un ruolo decisamente importante e sono considerati un mezzo espressivo non meno degno di libri o film ed  alcuni sociologi nipponici hanno addirittura sostenuto che proprio grazie al manga la comunicazione letteraria conserva nel paese un ruolo maggiore di quanto non accada in Occidente.

Le caratteristiche stilistiche dei manga possono provocare nel lettore alcune incertezze nella classificazione del genere: è da notare come in Europa, si identifichi il fumetto tendenzialmente come una produzione per bambini e ragazzi, (esistono naturalmente fumetti cosiddetti "d'autore", dedicati a un pubblico più maturo, ma sono facilmente riconoscibili) cosa che spesso rende il lettore adulto infantile davanti agli occhi degli stereotipi moderni.

I manga vengono pubblicati in Giappone inizialmente all'interno di albi molto grandi, stampati in bianco e nero e su carta di qualità scadente. Soltanto alcune pagine iniziali sono talvolta a colori e su carta migliore, generalmente usata allo scopo di introdurre i personaggi della vicenda.

In ognuno di questi albi vengono raccolte numerose storie a puntate ( o capitoli ). Tramite un'inchiesta fra i lettori viene verificato il successo delle singole serie, cosicché alcune serie di poco successo possano essere interrotte oppure meritare di essere stampate a parte, sotto forma di albi monografici di qualità migliore in più volumetti.

Il manga giapponese si legge al contrario rispetto al fumetto occidentale, e cioè dall'ultima alla prima pagina. Anche le vignette si leggono da destra verso sinistra, dall'alto verso il basso. Inizialmente, i manga pubblicati in Italia avevano senso di lettura occidentale (le tavole venivano quindi prima ribaltate, e poi editate), un esempio è il manga di Guyver. Successivamente fu introdotto anche da noi il senso di lettura originale, con la pubblicazione di Dragon Ball per Star Comics, anche per via dell'editore originale Shueisha che non apprezzava il ribaltamento delle tavole.

Nel corso del tempo ci sono stati alcuni mutamenti nella disposizione delle vignette. Inizialmente prevaleva la disposizione verticale; e successivamente, negli anni quaranta, fu introdotta anche la disposizione orizzontale, ovvero quella attuale. Nelle storie più accurate dal punto di vista stilistico, queste due disposizioni si sovrappongono e vengono usate entrambe, creando un percorso di lettura piuttosto difficile e complesso agli occhi del lettore occidentale, ma con un preciso intento stilistico.

Mentre le storie di avventura dedicate a un pubblico di ragazzi e adulti maschi sono caratterizzate da una disposizione abbastanza semplice, si è creato nel genere dedicato alle ragazze, lo shojo (spesso disegnato da donne), un modo innovativo di trattare la disposizione delle singole vignette. Per creare effetti drammatici intensi e sottolineare i sentimenti che entrano in gioco nella storia, il disegnatore (o la disegnatrice) fa spesso scomparire le linee divisorie delle singole vignette. La struttura della pagina diventa più importante di quella del riquadro isolato. E così una sola scena si può sviluppare su due intere pagine a fronte, i contorni dei pannelli si sovrappongono, e con essi i vari significati trasmessi dal disegno.

Anche il balloon contenente il testo non è più presentato su di un'unica linea di lettura; nascono così nuovi metodi per elaborare e scrivere il testo e le frasi: compaiono fumetti di testo pensato, di testo parlato, di testo fuori campo, che si distinguono tra loro solo per piccole differenze grafiche.

In realtà, un lettore giapponese, allenato alla lettura non alfabetica, riesce più facilmente di un lettore occidentale alle prime armi a orientarsi in questo universo di segni, dove gli viene offerta una grande libertà di percorso. Gli occhi vagano nella pagina cogliendo inizialmente alcuni dettagli, scelgono di soffermarsi prima su alcuni tipi di testo e poi su altri, ricavando alla fine non una lettura analitica di contenuti, ma una coinvolgente impressione generale di ciò che sta accadendo.

È opportuno non confondere i manga con i manhwa, che sono i fumetti coreani: per una persona non esperta possono sembrare simili, ma agli occhi di un giapponese non lo sono.

Dal punto di vista dei fumetti, i giapponesi sono molto "patriottici" e tendono a guardare con sospetto fumetti esteri; alcune serie straniere, infatti, sono state addirittura ridisegnate da artisti giapponesi appositamente per il loro mercato.